Punti di vista

Problemi e frustrazioni della democrazia diretta

Tempo di lettura: circa 12’00”. /// Un punto di vista. ///

Oggi ho deciso di andare controcorrente. Sì, perché oggi metto alla berlina la nostra tanto cara democrazia diretta, la quale sarebbe qualcosa di davvero mirabolante, in un mondo ideale. Se non fosse che la nostra società ideale non è.



Problemi e frustrazioni della democrazia diretta


Ho due problemi con la democrazia diretta. E questi due problemi portano a due grosse frustrazioni, ogni singola volta che siamo chiamati alle urne. Il che, in Svizzera, significa di regola quattro volte l’anno (e per chi volesse marcarsele in agenda, sono già state fissate le date di ogni singola chiamata alle urne da qui al 2035).

Come dire che ho un lungo futuro di frustrazioni già tracciato davanti a me.

Ma prima di entrare nel merito ‒ e provando con tutte le mie forze a non citare Winston Churchill, il quale affermò, citando a sua volta una fonte anonima o il buon senso o il senso comune o chissà chi o che cosa gli fosse saltato in mente, che la democrazia è la peggior forma di governo, ad eccezione di tutte le altre che abbiamo provato1 ‒ ci tengo a dire che, in un mondo ideale, la democrazia diretta dovrebbe indubbiamente essere una delle basi della società. Purtroppo, non credo che questo sia un mondo ideale. Ed è da questo fatto, non dalla democrazia diretta, che nascono i due problemi di cui vi voglio parlare.


Le scelte consapevoli (o meno) di un popolo

Nella lingua inglese c’è un’espressione che trovo importante spiegare qui. Si tratta di informed decision. Ed è estremamente difficile da tradurre.

In molti casi, informed decision viene tradotta in italiano con decisione informata, in particolare nelle traduzioni ufficiali del parlamento europeo. Ma decisione informata, in italiano, secondo me non significa granché. Decidere con consapevolezza e coscienza di causa si avvicina forse di più al significato dell’espressione inglese, ma non esattamente.

Informed, riferito a una decisione e secondo una definizione dell’Oxford Dictionary, significa «based on an understanding of the facts of the situation». In sostanza, per prendere una informed decision non basta essere informati o avere a disposizione tutte le informazioni: bisogna anche averle capite. Si parla di una informed decision quando quella data decisione viene presa sulla base di una comprensione di ciò di cui si sta parlando, della situazione e dei fatti oggettivi che la compongono, nonché delle conseguenze che quella decisione comporta.

Ecco, io credo che un primo problema della democrazia diretta è che, a mio modo di vedere, è impossibile che l’esito di una votazione sia il risultato di una informed decision da parte dei cittadini.


Di grifoni e di non ho ben capito che altro

Per spiegare meglio cosa intendo, credo sia importante portare un esempio concreto.

Il 18 maggio 2014 siamo stati chiamati a decidere dell’acquisto o meno di 22 nuovi aerei da combattimento, per una spesa totale di 3,126 miliardi di franchi. Ok, per essere precisi, non siamo stati chiamati a decidere di questo: siamo stati chiamati ad approvare ‒ o meno ‒ una legge per la costituzione di un fondo per l’acquisto dell’aereo da combattimento Gripen. Non cambia di molto le cose, ma mi sembra importante sottolinearlo: i cittadini non sono mai chiamati a dire sì o no a un principio, a uno slogan, a questo o a quell’altro gusto di gelato ‒ o all’acquisto di un aereo. Siamo chiamati ad accettare o meno una nuova legge o una modifica costituzionale.

In un mondo ideale, il fatto che i cittadini abbiano l’ultima parola riguardo a una spesa di 3,126 miliardi di franchi, finanziata con le tasse che tutti contribuiamo a pagare, trovo sia una cosa bellissima, importante; forse anche giusta, nel senso più alto che si può dare a questo termine. Ma nel mondo reale? Ne siamo davvero sicuri?

Io, per esempio, sogno che la Svizzera diventi come la Costa Rica e si disfi una volta per tutte del suo esercito. Riguardo a questa possibilità, abbiamo più volte votato e il popolo svizzero ha sempre deciso di mantenere un proprio esercito. Quindi, quel 18 maggio 2014, si trattava di dire la nostra su una spesa militare.

A questo punto io, cittadino medio, sono stato messo al corrente riguardo al fatto che secondo alcuni l’acquisto di quell’aereo era necessario, secondo altri no, secondo altri ancora era necessario, ma si è scelto il modello di aereo meno performante, non in grado di svolgere il compito a cui era chiamato e, secondo altri ancora, sarebbe stato meglio acquistare un modello magari meno moderno, ma che avesse già dimostrato in volo ‒ e non solo sulla carta ‒ la qualità delle proprie performance. Ma essere messi al corrente, raccogliere tutte le informazioni, ragionare sui pro e sui contro di un sì o di un no non basta per prendere una informed decision.

Per che cosa verranno utilizzati esattamente quegli aerei? Me lo potete spiegare con dovizia di dettagli. Posso ascoltarvi con attenzione e con la genuina volontà di capire. Ma non sono sicuro di poter prendere una informed decision a riguardo, neanche spendendoci ore e ore del mio tempo libero. Anzi, sono abbastanza sicuro che non potrò prenderla.


Vi presento l’aggettivo ill-informed

Che sia chiaro, la decisione presa da un parlamento non è per forza di cose più informed di quella del popolo che lo ha eletto. In un parlamento entrano i giochi politici, il lobbying, le dinamiche di partito. Un politico ‒ un nostro rappresentante ‒ è probabilmente più informed rispetto al cittadino medio, ma questo non implica per forza di cose che il suo voto sia in qualche modo migliore, nel senso che la situazione di cui un politico ha la comprensione ‒ quella comprensione di cui parlavo sopra, dando la definizione di informed ‒ entrano tutta una serie di altri elementi che il politico deve tener conto in quanto politico, più che come cittadino.

Ma il discorso qui si fa complesso. E probabilmente non sono abbastanza informed per parlarne. Sta di fatto che le cose possono anche andare peggio, rispetto alla situazione già non rosea che ho appena descritto.

A rigor di logica, il contrario dell’aggettivo informed è uninformed, e la sua definizione sull’Oxford Dictionary è la seguente: «Not having or showing awareness or understanding of the facts», ovvero che non ha o mostra consapevolezza o comprensione dei fatti. Ma in inglese esiste anche il termine ill-informed, che significa invece «Having or showing an inadequate awareness of the facts», ovvero che ha o mostra un consapevolezza dei fatti inadeguata.

Ripetendomi, in un mondo ideale, credo fermamente che la democrazia diretta dovrebbe avere un posto d’onore. Di più, dovrebbe essere una delle basi della società. Il problema è che, come tante splendide idee che sarebbero perfette per un mondo ideale, una volta che le si prova a mettere in pratica nel mondo reale ‒ nel mondo e nella società in cui viviamo ‒ le tante piccole imperfezioni con cui si scontrano rischiano di farle diventare dei mostri.

Ora, in un mondo ideale tutti i cittadini voterebbero prendendo una informed decision. Ciò che succede invece nel mondo reale è che, in molti casi, una gran parte della popolazione prende delle ill-informed decision, io per primo. Non per colpa nostra né perché i cittadini sono stupidi, come qualcuno potrebbe essere tentato di semplificare. Né tantomeno per motivazioni legate a una qualche strampalata teoria cospirazionista.

Semplicemente, quando si tratta di esprimere il proprio voto riguardo all’acquisto di 22 nuovi aerei da combattimento per l’esercito svizzero, io non posso che avere una consapevolezza e una comprensione dei fatti inadeguate a prendere quella decisione.

Per farla breve, non ci capisco nulla né di aerei da combattimento né delle esigenze del nostro esercito. Come potrebbe essere, il mio voto, dettato da una informed decision?


Un sovrano di cui fidarsi (o meno)

La mia prima frustrazione, riguardo a come funziona la democrazia diretta in questo imperfetto mondo reale, è quindi il fatto che le decisioni prese dai cittadini non siano, nella stragrande maggioranza dei casi, delle informed decision, le mie per prime; e che, in molti casi, si tratta probabilmente di ill-informed decision tout court.

A questo punto, se in democrazia il popolo è sovrano, come alcuni partiti politici non smettono di martellare, personalmente non sono più così propenso a fidarmi, di questo nostro sovrano. Voi avreste fiducia in un sovrano che dimostra, con imbarazzante continuità, di prendere decisioni senza aver adeguatamente capito la situazione sulla quale è chiamato a decidere2? Se i vostri superiori, in ufficio, dimostrassero più e più volte di non prendere informed decision nell’azienda in cui e per cui lavorate, con quale stato d’animo vi ritrovereste a lavorare ogni giorno feriale della settimana?

Come se non bastasse, a questa mia prima e pesante frustrazione se ne aggiunge una seconda, la quale ha meno a che vedere con la democrazia diretta in sé ed è molto più legata a come la gente, in particolare i media e le persone attraverso i media, interpretano i risultati delle votazioni.


La mia seconda frustrazione

Come cittadino, le votazioni si vincono e si perdono come i tifosi di una determinata squadra sportiva vincono o perdono le partite. A questo proposito, non so cosa questo dica della mia personalità, ma tifando HCAP sono abituato alle sconfitte. O a non qualificarmi ai playoff per un misero punticino.

Anche a livello politico, sono uno di quelli che, pur non sentendomi legato a nessun partito o a nessuno schieramento, fa spesso parte della minoranza democratica che deve accettare la decisione presa dalla maggioranza. A volte, per una frazione di un misero punticino percentuale. Ma tant’è.

Eppure, a volte anche all’Ambrì-Piotta capita di vincere, persino una qualche finale europea. Allo stesso modo, anche a me capita di vincere qualche votazione. Ma la felicità di essere, per una volta, dalla parte della maggioranza di questo Paese, di solito svanisce in fretta. Leggendo i commenti sulla stampa, infatti, spesso scopro che il mio voto è stato interpretato ‒ e sarà interpretato dai politici in parlamento ‒ in un modo che non corrisponde per niente alle motivazioni che mi hanno spinto a votare a quel modo.

Sostanzialmente, questa mia frutrazione deriva dal seguente mio bizzarro comportamento.


Perdere tempo equivale pur sempre a perdere

Siccome non sopporto l’idea di mettere una crocetta più o meno a caso, scegliendo per intuito fra il sì e il no, seguendo magari le emozioni del momento, provo davvero a informarmi, a capire la materia su cui si vota, ad ascoltare le opinioni di tutti, poi a formarmene una mia. Di conseguenza, spendo parecchio tempo per ogni votazione (4 volte l’anno, con impegni già fissati in agenda fino al 2035) per potermi avvicinare il più possibile a prendere, nel mio piccolo, una informed decision. Dopodiché, quasi invariabilmente, quelle poche volte che c’azzecco (leggasi, prendo la stessa decisione della maggior parte dei miei concittadini votanti), mi sento dire che chi ha votato come me l’ha fatto per delle ragioni che, in realtà, sono piuttosto lontane dalle mie.

In sostanza, perdo sempre. Anche quando vinco, perdo. O perlomeno, ho la forte sensazione di aver perso tempo ad informarmi e a cercare di capire, per poter indicare la mia informed decision. E mi dico che, in definitiva, avrei dovuto votare no ai Gripen per il semplice fatto che sono contro l’esercito, illudendomi che quei 3,126 miliardi di franchi, votando no, saranno spesi per l’educazione o per il nostro sistema sociale, invece che per comprare nuove armi.

La tentazione, insomma, è quella di non perdere più tempo e di utilizzare il mio voto per “dare un segnale” o “esprimere un disagio”, come si scrive sui giornali dopo le votazioni più controverse e discusse. Provo con tutte le mie forze a resistervi ma, come con la citazione di Churchill, alla fine rischio sempre di cedervi, senza nemmeno accorgermene, e citare anch’io e di nuovo l’ex-Primo Ministro britannico ‒ o utilizzare la mia scheda per “dare un segnale”, invece che per contribuire con il mio voto a una informed decision presa collettivamente da tutti noi cittadini.

Faccio il possibile ‒ davvero ‒ per non cadere in questa trappola. Piuttosto, se sento di non poter assolutamente esprimere un’opinione razionale, che pensi al bene di tutti e non a sopire le mie frustrazioni, voto scheda bianca.

Non so se sia una soluzione. È semplicemente quella che ho trovato io. E comunque, non sembra liberarmi dalle mie due frustrazioni.

  1. Questa celeberrima frase è tratta da un discorso che Winston Churchill pronunciò alla Camera dei comuni nel 1947, la cui trascrizione può essere consultata online. Lo scrivo perché credo sia sempre importante fornire il contesto nel quale una certa frase è stata scritta o pronunciata. Il passaggio completo, in cui è contenuta questa citazione, recita quanto segue: «Many forms of Government have been tried, and will be tried in this world of sin and woe. No one pretends that democracy is perfect or all-wise. Indeed, it has been said that democracy is the worst form of Government except all those other forms that have been tried from time to time; but there is the broad feeling in our country that the people should rule, continuously rule, and that public opinion, expressed by all constitutional means, should shape, guide, and control the actions of Ministers who are their servants and not their masters.» Ma anche prima di questo passaggio ci sono alcune riflessioni interessanti, riguardo alla democrazia e ‒ in particolare ‒ al ruolo dei rappresentanti del popolo in una democrazia, ovvero le persone a cui quel discorso era rivolto.
  2. E qui mi metto sulla difensiva. Se nella nota precedente dicevo che è sempre importante spiegare il contesto da cui è tratta una citazione, non è solo perché credo fermamente che farlo sia davvero cosa buona e giusta. È anche perché le frasi qui sopra, se prese fuori contesto, senza le premesse riguardo alle definizioni di informed e di ill-informed, attirerebbero artigli e canini proprio dei simpatizzanti di quei partiti che vedono nel popolo il nostro sovrano. Quindi, lo ripeto a scanso di equivoci: il fatto che il popolo sovrano dimostri, con imbarazzante continuità, di non essere adeguatamente preparato a prendere un buon numero di decisioni che è chiamato a prendere, non è per un’intrinseca stupidità dei cittadini o perché, come ha recentemente detto Hillary Clinton a proposito di metà dei sostenitori di Donald Trump, alcuni cittadini votanti potrebbero essere messi nel “cesto dei deplorevoli”. Piuttosto ‒ e più semplicemente ‒ perché in democrazia diretta si è inevitabilmente chiamati ad esprimere la propria opinione su un certo numero di temi di cui è impossibile, per molte persone, avere una conoscenza e una comprensione adeguata, e in tempi relativamente brevi.

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