Tempo di lettura: circa 3’00”. /// Un racconto della serie Il giallo è servito. ///
L’omicidio di Dimitriy Chagaev sembra poter avere un legame col mondo del basket, in particolare con la tifoseria del GVV. La cameriera e il commissario vanno dunque a vedere una partita. E ad almeno una prima domanda, i due trovano una risposta…
Due quaglie e una mezza carota
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Una delle ipotesi era che l’omicidio fosse legato al mondo del basket. Il commissario, a dire il vero, riteneva più probabile che l’omicidio avesse a che fare con gli affari non proprio limpidi del farfallone russo. Ma quelle scritte anti-Chagaev, apparse sui muri della scuola e firmate GVV, lo obbligavano a indagare anche in quella direzione.
Siamo così andati a vedere una partita. Mi ha detto osserva e ascolta. So che sei brava a farlo. E riferiscimi se noti qualche discorso o comportamento strano.
L’obiettivo era quello di trovare persone legate alla squadra, dirigenti o tifosi, che avessero manifestato insofferenza nei confronti di Chagaev. Dovevo provare a captare frasi del tipo meglio così, quel bastardo doveva morire. E poi — e questa era la parte difficile — invece di girarmi e dire sono d’accordo con voi, andare a riferire al commissario ciò che avevo sentito.
Gli umori della tifoseria, riguardo all’arrivo del magnate russo, erano diversi. C’era chi diceva è ora di tornare ai vertici e chi a me basta battere il Lugano. Chi voleva Abramovich del Chelsea e chi voleva puntare sui giovani del vivaio. Nessuno, in ogni caso, voleva arrivare a un nuovo fallimento della squadra, dopo i due precedenti. Tra i più loquaci, in questo senso, c’era Anita Strini, la figlia del viticoltore che aveva soccorso Chagaev la sera dell’omicidio: per favore, non un altro fallimento.
Fra i dirigenti, invece, seppur con qualche dubbio, si era optato per il pragmatismo. Quei soldi servivano e le verze da sfogliare erano poche. Anzi, adesso che Chagaev era morto, di verze a disposizione ce n’erano, se possibile, ancora di meno.
Sul parquet, intanto, i cambiamenti di fronte si susseguivano, con il play americano a distribuire palloni con imprevedibilità e intelligenza — i suoi marchi di fabbrica. Mancavano un po’ di centimetri sotto canestro, ma era anche per questo che servivano i soldi. Poco male, a una manciata di secondi dalla fine, i ViolaVerdi conducevano con un solido vantaggio di 12 punti.
Quando la sirena ha decretato la fine dell’incontro, un agente è arrivato verso il commissario con una bomboletta spray in mano. Due ragazzini erano stati beccati a scrivere sui muri, all’esterno del palazzetto. Uno dei due, il commissario l’aveva riconosciuto, era il figlio della presidentessa dell’assemblea dei genitori, il maggiore. E tra un non lo dica a mia mamma e l’altro, avevano subito confessato di essere gli autori delle scritte a scuola.
A quel punto, riguardo all’omicidio, il commissario brancolava bendato nel buio. Il che non era molto positivo, data la mia posizione di sospettata numero uno. L’autista di Chagaev lo aspettava però nella stanza degli interrogatori.
Continua con il quinto episodio.
Questo racconto è stato pubblicato, con un finale più corto, dal quotidiano LaRegione, fra il 26 e il 31 ottobre 2015, nell’ambito del concorso “Il racconto della settimana”, di cui è poi risultato vincitore; la pubblicazione sul blog è stata l’occasione di scrivere questo finale come l’avevo pensato in origine, senza restrizioni sul numero di parole e in modo che non fosse troppo brusco, difetto che a detta di molti aveva la versione precedentemente pubblicata.
L’intenzione è comunque sempre stata quella di farne una serie, di scrivere altri gialli a puntate con la stessa narratrice-protagonista. Cosa ne pensate? Dite la vostra nei commenti o su facebook!
5 pensieri su “Due quaglie e una mezza carota (4/6)”