Racconti

Prendere la finestra per gli infissi

Tempo di lettura: circa 2’00”. /// Un racconto. ///

Nella coppia, quando c’è un problema, di solito è meglio prendere il toro per le corna e provare a risolverlo subito, evitando che le tensioni si cumulino in qualche angolo nascosto, scordandosene poi fino a che non ci si trova costretti ad affrontarle tutte insieme. Ma se si provasse invece a prendere la finestra per gli infissi? Qualunque cosa voglia dire, è ciò che decidono di fare questo uomo e questa donna ‒ o forse sono due donne, chissà?


Una coppia di cactus in Val Bregaglia

Prendere la finestra per gli infissi


Nora fissava il muro.

Non che non fosse mai successo, al contrario. Ma questa volta sembrava esserci un’ostinazione particolare, da parte sua, nel fissare quel muro.

Per quanto mi sforzassi, io non ci vedevo niente. A parte la macchia di quella volta, quando nella foga di difendere il mio punto di vista, una sera che si parlava di Donald Trump, di apocalisse e di gelato alla vaniglia, parte del mio merlot era finito a dare un tocco di bordeaux al bianco del muro.

Sorrisi, a ripensarci. Nora, invece, continuava imperterrita a fissare il muro davanti a sé.

In queste situazioni, di solito esco dalla stanza. E mi metto a fare altro. Prima o poi le passa, mi dico. Anche se poi le cose si ammucchiano e diventa ancora più difficile rimetterle in equilibrio. O si fa più fatica a spostarle, quando si ha bisogno di fare un po’ di spazio. Per un lungo viaggio insieme, per esempio. Partire con un fardello del genere non è mai una buona idea. Pensare di disfarsene durante il viaggio, lasciando un problema sulla spiaggia e un altro sulla scogliera, una ancora peggiore.

Quella volta però decisi di provare a sconvolgere un po’ le nostre consolidate abitudini. Restai nella stanza e mi misi accanto a lei, a fissare ciò che io avevo davanti: la finestra. Fu pochi istanti dopo, che mi venne l’idea che abbandonando la stanza non mi era mai potuta venire. Spostai la finestra davanti a lei. Presi la finestra per gli infissi e la feci scivolare davanti al suo sguardo.

Lei mi guardò come a dire allora non vedi? Non è forse chiaro?

Mi misi alle sue spalle e guardai fuori. Non era tutto chiaro, lungi da questo, ma già molto più facile da comprendere rispetto a un muro bianco con una macchia bordeaux. Le dissi qualcosa, nell’orecchio. Avrei voluto dirle mi spiace, ma credo dissi ora capisco. E mi trattenni appena in tempo dall’aggiungere un ma.

Invece, presi di nuovo gli infissi con le due mani e feci scorrere la finestra fino al punto da dove guardavo io. Con un gesto, l’invitai a guardare da lì.


Questo breve racconto è stato scritto nell’ambito del Cenacolo del Monte Verità 2016, la cui mentora era la scrittrice sarda Michela Murgia. Durante il Cenacolo, il racconto è stato anche tradotto in francese da Anita Rochedy, la quale ha recentemente curato, fra le altre cose, la traduzione francese de Il ragazzo selvatico di Paolo Cognetti, autore italiano di cui ho parlato qui.

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