
Viceversa Letteratura, per il suo sito internet, mi ha chiesto di fare un confronto fra il libro Nataša prende il bus, pubblicato dalle Edizioni Ulivo di Balerna, e la pièce di teatro Natasha ha preso il bus, prodotta e presentata dal Teatro Sociale di Bellinzona.
Entrambe le incarnazioni di questo progetto di Sara Rossi Guidicelli valgono assolutamente la pena di essere gustate. Ma forse proprio per questo è stato interessante metterle a confronto, cercare di capire come l’una e l’altra raccontano la stessa storia in modo diverso, affrontando l’attualissimo tema dell’immigrazione parlando di badanti.
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Al pari di ‘migrante, ‘badante’ è una di quelle parole che finisce col definire una persona solo per quello che fa, mettendo da parte ciò che è, ciò che è stata in passato e ciò che desidera essere in futuro. ‘Badante’ è semplicemente colui ‒ o, più spesso, colei ‒ che bada ad altre persone; «le donne dell’Est, venute ad accudirci i genitori, i nonni, a portare la cura che noi non vogliamo più o non abbiamo più tempo di dare» (p. 8).
Il primo e più grande merito di Nataša ha preso il bus ‒ progetto composto dal libro Nataša prende il bus (Ulivo, 2018) e dalla pièce teatrale quasi omonima Natasha ha preso il bus, presentata tre volte fra l’8 e il 10 novembre scorsi al Teatro Sociale di Bellinzona, che l’ha anche prodotta ‒ è quello di riuscire a restituire umanità e una storia personale a chi fa questo mestiere.