Non una recensione

Parole che hanno ancora qualcosa da dire

Tempo di lettura: circa 2’30”. /// Non una recensione #0 ‒ un’introduzione. ///

Questo è un primo passo, una dichiarazione d’intenti, per quel che concerne una serie di post intitolata Non una recensione. Ogni mese parlerò di un argomento d’attualità o di mio puro e semplice interesse, tirando in causa saggi, fumetti, romanzi, film, arti plastiche, musica, videogiochi e narrazioni interattive. Perché credo che le parole, l’arte e la cultura abbiano ancora qualcosa da dire.


NotaReview


Parole che hanno ancora qualcosa da dire


 

Siamo circondati dalle parole: le pronunciamo, ce le dicono, le leggiamo e le scriviamo ogni giorno. Ma ho l’impressione che la tendenza sia di usarle sempre più spesso per mostrare di essere presenti, che non per dire davvero qualcosa. Che sia in politica o sullo schermo dei nostri smartphone, l’essenziale sembra essere di marcare presenza. E si sa, se lo scopo è quello di farsi notare, molto meglio curarsi di gridare più forte e più sguaiatamente degli altri, piuttosto che di proporre un contenuto valido.

Riguardo alla politica, ne ha scritto oggi Silvano Toppi su LaRegione: «La politica, da diversi anni ormai, si è guastata molto con il linguaggio. Nella forma e nei contenuti. Oggi devi spararla grossa se vuoi farti notare, altrimenti sei sommerso nel mare magnum dell’indifferenza.» Quanto agli schermi dei nostri aggeggi mobili, se con gli sms si faceva in modo di dire il più possibile digitando il minor numero di caratteri, adesso il classico contributo che ci si può aspettare all’apertura di un nuovo gruppo WhatsApp è: «Ehi, ciao a tutti!»

Ma devo subito fare outing. Ho ancora un telefono coi tasti e senza WhatsApp. Non conosco ciò di cui parlo.


Ciò di cui voglio parlare

Come avete forse notato, lo slogan che ho deciso di adottare per questa mia nuova avventura sulla Rete è: “Per chi crede che le parole abbiano ancora qualcosa da dire.” Io ci credo, in questa cosa. Credo nel silenzio, prima di tutto; nell’ascolto. Ogni grande discorso, ogni sinfonia inizia con un silenzio. Ma anche se fossimo tutti pronti ad ascoltare, taciturni e ritti sull’attenti, quando le parole non dicono niente, quando le parole non hanno niente da dirci, cosa stiamo in silenzio a fare?

Ecco allora che mi sono posto una missione. Curarmi che le parole abbiano ancora qualcosa da dire.

L’intenzione è da una parte quella di mettermi a disposizione per aiutare altre persone a dire le cose importanti che hanno da dire, e a farlo nel miglior modo possibile: con efficacia, efficienza e bellezza. Dall’altra, mi impegnerò a dire le cose, a raccontare storie e a mettere in scena personaggi con maggiore regolarità e forza, rispetto a quanto fatto fino ad ora, in particolare in questi ultimi mesi e anni in cui mi sono perso.


Che Non una recensione abbia inizio

Questo articolo è anche l’inizio di una serie chiamata Non una recensione. Ogni mese, scriverò di un argomento, con quattro articoli pubblicati di venerdì. Parlerò di temi che mi sembrano attuali e che riguardano tutti noi, e lo farò partendo da saggi, fumetti, romanzi, film, arti plastiche, musica, videogiochi e narrazioni interattive. Ma proprio perché credo così tanto nell’importanza di dare spazio e significato alle parole, ho pensato che in febbraio, per Non una recensione #1, parlerò di storie senza parole, per mostrare come la scelta di dire qualcosa ‒ o di non dire niente ‒ non è legata alle parole, ma alla volontà di farlo, di portare contenuto, di aggiungere la propria voce a un discorso e non al rumore di fondo.

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