Riflessioni alla seconda persona

Quei consigli che diamo e non seguiamo

Tempo di lettura: circa 3’00”. /// Una riflessione alla seconda persona. ///

Tutti abbiamo un cassetto pieno di cose che siamo più bravi a dire agli altri di fare, che non a fare noi stessi. Ma come ci si sente quando lo si svuota, o perlomeno lo si mette un po’ in ordine?



Quei consigli che diamo e non seguiamo


A te l’ha mai consigliato nessuno di vivere nel presente? O magari sei stata tu a consigliarlo a qualcuno ‒ «lasciati alla spalle il passato, non pensare troppo al futuro, la vita è adesso» ‒ prima di mettere quel consiglio insieme a tutti gli altri, in quel cassetto dove tieni le cose che sei più brava a dire agli altri di fare, che non a fare tu stessa?

Non so esattamente quanto strabocchi, quel tuo cassetto. Ma il mio è piuttosto pieno. E sono sempre troppo occupato a rimuginare sul passato e a preoccuparmi per il futuro, per prendermi davvero il tempo per fare un po’ d’ordine.

Devo dire che sono quindi in parte invidioso e in parte ammirato, ma anche sinceramente curioso, mentre ti guardo mettere ordine ‒ proprio qui e adesso, sotto i miei occhi.


Fin dove l’orizzonte lo permette

Dici che è stato un piccolo episodio insignificante a risvegliare l’urgenza di aprirlo e guardarci dentro. Una caduta ti ha fatto tornare in mente quanto ti eri ripromessa di fare: non più ripetere l’errore di rimuginare con tanta insistenza sul passato, da non più vedere nessun futuro davanti a te, lasciando scivolare via il presente senza nemmeno accorgerti di esserci passata attraverso.

Ti eri giurata di lasciarti il passato alle spalle, pur senza dimenticarlo. Di guardare al futuro solo fino a dove l’orizzonte permette di riconoscere ancora le facce; più in là, si può ad ogni modo solo tirare a indovinare. E di farti abbracciare dal presente, ogni volta che il presente apre le sue braccia, senza più cacciarlo via infastidita, come ti è capitato troppe volte di fare.

Ce l’hai fatta? Scusa se te lo chiedo proprio mentre rovisti nel tuo cassetto, ma sono davvero curioso. Perché io no. Io non ce la faccio ancora. Non sempre.


Pronta per ogni evenienza

Sorridi e rispondi che ai concerti, per esempio, non ti porti più dietro il telefonino. Certo, c’è il rischio di perdersi fra la folla e non trovare più le persone che ti hanno accompagnata. Ma sarebbe comunque meno grave che perdersi il concerto. Assistere a un concerto affogando lo sguardo dentro a uno schermo non vale il prezzo del biglietto, dici.

Hai smesso anche di prepararti per ogni evenienza. Hai smesso di pensare a quello che potrebbe succedere. In compenso ogni mattina ti dici che sei pronta a tutto. Quando ti svegli col piede storto devi urlarlo dentro allo specchio, sperando che nella tua voce ci sia abbastanza convinzione da far rimbalzare quella frase. Ma in genere basta che te lo sussurri durante la colazione ‒ «Oggi sono pronta a tutto. Pronta ad affrontare qualsiasi cosa.»

D’altra parte lo hai scoperto a tue spese, che quando davvero bisogna farsi trovare pronti, in realtà pronti non lo si è mai veramente. O mai come si vorrebbe.


Tagliare il traguardo

Ti prepari per mesi ad affrontare la gara della vita. E poi, quando tagli il traguardo, ti rendi conto che tutti quei mesi di preparazione non ti sono serviti ad essere pronta. Sono serviti a farti tagliare quel traguardo, certo. Magari sono persino serviti a fartelo tagliare per prima. Ma quando accade ‒ quando senti il boato dello stadio, quando vedi i flash dei fotografi ‒ pronta non lo sei di certo.

Non c’è alcuna preparazione possibile per il momento in cui aspetti di sapere se hai tagliato il traguardo per prima. O per seconda. Mentre attendi di sapere cosa è valso tutto il tuo lavoro e il tuo impegno. D’altra parte, però, come ci dicevamo qualche tempo fa, sono proprio questi momenti risolutivi a definire chi siamo. E dunque vale la pena viverli a prescindere.

Per finire di mettere in ordine il tuo cassetto, ti ci vorrà comunque qualche altro giorno, mi dici ancora. Io invece devo ancora iniziare.

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