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Recensione di “Uno di nessuno” di Massimo Gezzi

Tempo di lettura: 2’00”. /// La segnalazione di una recensione di letteratura svizzera. ///

Una mia recensione dell’ottimo Uno di nessuno. Storia di Giovanni Antonelli, poeta di Massimo Gezzi è apparsa oggi sul sito internet di Viceversa Letteratura.



Recensione di “Uno di nessuno” di Massimo Gezzi


Avevo iniziato con tanto entusiasmo una serie di recensioni di letteratura svizzera. E di libri di autrici e autori svizzeri ne ho letti parecchi, negli scorsi mesi. Ma dopo aver scritto di Dove nascono le madri di Virginia Helbling, mi sono un po’ arenato agli appunti e alle buone intenzioni.

Ieri è però stata pubblicata una mia recensione dell’ottimo Uno di nessuno. Storia di Giovanni Antonelli, poeta di Massimo Gezzi, poeta marchigiano residente a Lugano, dove insegna al Liceo Lugano 1. Per leggerla, vi basta cliccare sul link qui sopra o sull’immagine in alto.

Il libro è pubblicato dalle Edizioni Casagrande di Bellinzona e lo trovate ‒ o lo potete ordinare ‒ in qualsiasi libreria della Svizzera Italiana o d’Italia.


Di poesia e di esclusione sociale

Se vi interessa la poesia, credo che Massimo Gezzi sia una delle voci più interessanti uscite negli ultimi tempi. Non per niente, nel 2016 gli è stato conferito il Premio svizzero di letteratura per Il numero dei vivi (2015), in particolare «per la compattezza con cui è costruito intorno a un’idea forte». E in questo senso, Uno di nessuno si inserisce pienamente in un discorso di continuità. Il libro ruota infatti interamente attorno alla figura di Giovanni Antonelli, poeta e anarchico marchigiano dell’Ottocento, più volte internato in manicomio, la cui vita «ha chiesto prepotentemente di essere raccontata in versi».

La sua vicenda personale, riportata nei versi di Massimo Gezzi, vuole essere uno specchio che ci metta di fronte a noi stessi: «lasciatemi l’illusione che qualcuno saprà / veramente chi siamo, se io sono / Antonelli e voi tutti siete me» (p. 32). Ma Uno di nessuno non si limita a invitare il lettore a guardarsi negli occhi. Lo spinge ad osservare, in quella stessa immagine riflessa, oltre le proprie spalle, la società di cui fa parte. Perché se è vero che, in qualsiasi contesto sociale, ciò che siamo dipende soprattutto da come ci comportiamo con gli altri, parte di questa identità collettiva è data da come ci comportiamo con chi la società marginalizza ed esclude. Quel “qualcuno” che saprà veramente chi siamo, allora, forse non è altri che la società stessa, a cui contribuiamo ogni giorno a dare forma e che pare sempre sapere, con fredda certezza, chi deve esserne tagliato fuori e chi invece può farne parte.

Se vi interessa scoprirne di più, non vi resta che leggere l’intera recensione.

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