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Confessare con orgoglio di leggere “libri da femminucce”

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Tempo di lettura: circa 2’00”. /// Un mini-monologo di Colibrì. ///

Tempo fa su un treno ho sentito dire con orgoglio da un uomo: «Io leggo libri da femminucce.» Lo stesso uomo si è poi lanciato con entusiasmo nella descrizione della trama di Le parole che non ti ho detto di Nicholas Sparks, un altro uomo. E le “femminucce”, in tutto questo, dove stanno?



Confessare con orgoglio di leggere “libri da femminucce”


Tempo fa mi trovavo su un treno piuttosto affollato. Stavo leggendo un libro e le quattro persone sedute al mio fianco, all’altro lato del vagone, vedendomi leggere hanno cominciato a parlare di libri, e delle loro letture preferite o più recenti. Uno di loro, un uomo, a un certo punto ha detto con orgoglio: «Io leggo libri da femminucce». E poi si è lanciato nel racconto della trama di Le parole che non ti ho detto di Nicholas Sparks, una romantica storia d’amore in cui una donna divorziata e disillusa ritrova fiducia nell’Amore, quello con la ‘A’ maiuscola, grazie a un misterioso messaggio in bottiglia.

Ora, definire cosa sia un “libro da femminuccia” è difficile ‒ e alquanto pericoloso. È però innegabile che ad ognuno di noi, sentendo quest’espressione ‒ “libro da femminuccia” ‒ si materializza in testa un’immagine abbastanza precisa, e molto personale, del tipo di libro con cui abbiamo a che fare. Ma non è questo il punto. La cosa che mi ha piacevolmente sorpreso dell’uscita di questo sconosciuto compagno di viaggio è stato da un parte l’orgoglio col quale ha pronunciato quell’espressione di per sé spregiativa ‒ “libri da femminuccia” ‒ e questo per descrivere i propri gusti in fatto di romanzi; e dall’altra l’autentico entusiasmo che ci ha messo nel raccontarne poi la trama agli altri.

“Libro da femminuccia” è chiaramente un’etichetta, che come tutte le etichette dice qualcosa di quel libro, ma di certo non tutto. Il legame con il femminile, per Le parole che non ti ho detto, non è infatti né così forte né così scontato, prova ne è che chi l’ha scritto è un uomo ‒ Nicholas Sparks ‒ e che almeno uno dei suoi lettori più appassionati è un altro uomo, lo sconosciuto del treno.

Detto questo, se parliamo di letteratura femminile o di letteratura al femminile ci riferiamo in ogni caso ‒ qualsiasi significato vogliamo dare a questa etichetta ‒ a qualcosa di molto più ampio del tipo di romanzi che scrive Nicholas Sparks. E a questo punto mi è tornato in mente un altro tentativo di definizione di un sottogenere letterario.

Alcuni anni fa ho collaborato alla realizzazione di una rivista letteraria che si chiamava Hétérographe. L’idea della rivista, come recitava anche il suo sottotitolo, era quello di pubblicare homolittérature ou pas, letteratura omosessuale oppure no. Il suo obiettivo primario, infatti, era quello di chiedersi se esistesse una letteratura etichettabile come “omosessuale”, e cosa essa fosse.

Letteratura scritta da autori e autrici omosessuali? Letteratura pensata e scritta per lettori omosessuali? O magari più semplicemente letteratura che tratta il tema dell’omosessualità oppure che mette in scena personaggi omosessuali? E può un autore o un’autrice eterosessuale scrivere letteratura omosessuale, qualsiasi cosa sia la letteratura omosesuale?

Be’, le stesse domande possiamo porcele per quest’altra etichetta. Cos’è la letteratura femminile? Chi la scrive? Chi la legge? Com’è fatta? Ma soprattutto, esiste?

Ascolta il podcast di questa puntata su radiogwen.ch!

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