Annotatevi queste date: 1-5 maggio 2019. Sono quelle della 14a edizione di ChiassoLetteraria, festival internazionale di letteratura, alla cui programmazione collaboro dal 2010, mentre dal 2017 sono entrato a far parte del suo comitato d’organizzazione. Quest’anno, il fil rouge degli incontri sarà IL MONDO NUOVO, titolo italiano del celebre romanzo di Aldous Huxley Brave New World. Si tratterà insomma di fare il punto della situazione sul mondo nuovo (in transizione) in cui da qualche tempo ci troviamo a vivere, nonché su quello ancora diverso che ci aspetta in futuro.
Facendo parte del bellissimo gruppo di persone che per 9 mesi l’anno lavora un po’ nell’ombra per offrire a tutti 5 giorni di letture, discussioni ed eventi, è difficile segnalare un incontro in particolare, scartando inevitabilmente tutti gli altri. Diciamo che questa volta in particolare le gerarchie in campo impongono però una scelta scontata: venerdì 3 maggio, ad inaugurare il festival, ci sarà il premio Nobel per la letteratura 1986 Wole Soyinka. Ma noi andiamo evidentemente fieri di tutto il programma che siamo riusciti a mettere in piedi!
Già che siete sul mio sito, per informazione vi dico comunque che anch’io modererò una discussione. Si tratta di uno dei due incontri sulla “giovane letteratura svizzera”, quello di domenica. Alle 16h45 vi farò conoscere ‒ in francese e in italiano ‒ la romanda Elisa Shua Dusapin, autrice di Hiver à Sokcho (Zoé, 2016; Premio Robert Walser) e di Les Billes du Pachinko (Zoé 2018; Premio svizzero di letteratura), e il ticinese Alexandre Hmine, autore de La chiave nel latte (Gabriele Capelli Editore, 2018; Premio Studer/Ganz e Premio svizzero di letteratura).
Se vi interessa saperne di più, vi rimando al giornale del festival. I membri dell’associazione l’hanno già ricevuto direttamente a casa. Se non è il vostro caso, potete recuperarlo nei vari luoghi di cultura del cantone, dalle librerie alle biblioteche, passando da bar e teatri. La versione digitale è comunque disponibile online e la trovate in fondo a questo post.
Dentro c’è anche un mio articolo, che vi presenta brevemente tutti gli appuntamenti dedicati alla letteratura svizzera tranne uno (a voi scoprire quale). Si intitola Tracciare a penna i confini di un’isola e inizia così…
Nel suo libro di etnologia spiccia e pop intitolato Swiss Watching, pubblicato nel 2010, l’autore britannico Diccon Bewes descrive la Svizzera come una landlocked island, un’isola senza sbocchi sul mare.
Ironia della sorte, a distanza di nove anni, ora è proprio la Gran Bretagna a tentare disordinatamente di tornare a essere l’isola che è sempre stata, e che probabilmente si è sempre sentita di essere. Non è d’altronde un caso, se a generare i maggiori mal di pancia ai sudditi di sua maestà Elisabetta II sia proprio l’unico lembo di terra che costringe il Regno Unito a rimanere agganciato al resto del mondo. Avesse a disposizione una sega abbastanza grande, probabilmente non ci penserebbe due volte a recidere da sé la Repubblica d’Irlanda e a dirigersi verso il mare aperto, in solitaria.
Detto questo, la Svizzera non sarebbe di certo da meno. Ne avessimo la possibilità, chiederemmo volentieri a un gigante di sollevarci di un migliaio di metri verso il cielo, prendendo così tre piccioni con una fava:
1) le nuove pareti verticali ai nostri confini renderebbero il frontalierato uno sport per soli alpinisti esperti;
2) guarderemmo finalmente l’UE dall’alto in basso, a 360°;
3) e per finire, la nuova altitudine metterebbe una pezza a buona parte dei problemi legati al riscaldamento globale ‒ i turisti giungerebbero a frotte alle nostre stazioni sciistiche (con neve naturale assicurata per tutto l’inverno), mentre i ghiacciai smetterebbero finalmente di lacrimare.
Ma se nessun uomo ‒ o donna ‒ è un’isola, come scriveva John Donne, può esserlo un intero paese?